18 ottobre 2019
Con quelle scarpette di raso mi ha donato una parte della sua vita. Era il 2 novembre 1978, anniversario della messa in scena di Giselle. Consacrava così un’amicizia che si è forgiata negli anni, messa alla prova in circostanze difficili, la cui memoria appartiene solo a lei e a me.
Conservo il calore della sua mano nel freddo inverno nel Nord Italia, dove mi sono recato da Roma per il suo generoso invito ad assistere allo spettacolo che avrebbe avuto luogo al Lido di Camaiore. Come avrei potuto ricompensare il suo affetto se non con le arti del mio mestiere, ero il cicerone della Compagnia nella Cattedrale di Pisa, dinanzi alla torre pendente, e nel pantheon di San Ranieri.
Anni dopo abbiamo potuto apprezzare la sua interpretazione de La Diva a quelle stesse latitudini, ma dal palco del Teatro Malibran di Venezia, in occasione di una visita in quella città indescrivibile insieme a un gruppo di artisti e di intellettuali cubani per poi ammirarla nuovamente a La Fenice, uno dei più bei teatri del mondo, non lontano dal Canal Grande. Seguendo questo filo di Arianna ci saremmo incontrati anni dopo a Quito, Madrid e in altre capitali.
La sua affezione mi ha permesso di assistere ad alcuni dei suoi dialoghi con Dulce María Loynaz, osservare da vicino il rigore delle sue valutazioni, il suo amore per la bellezza delle forme e per l'intensa vita interiore che ha plasmato nella sua natura femminile il mistero della danza in cui è stata riconosciuta come una prima ballerina assoluta.
Una signora forte che ha ricevuto con serenità l’applauso toccante dei suoi ammiratori che hanno fatto della sua vita un culto, ancora più pregevole quando l’infortunio ha velato i suoi occhi. Allora, a tentoni, con una ferrea volontà è rimasta sulle tavole del palco, sicura di sé, perché aveva già edificato la sua più grande opera: una scuola, una tradizione, uno stile che assumeva l'eredità classica e le concezioni estetiche del nostro tempo.
Amata Alicia, uno stendardo della cubanía che ha fatto suo il saggio proverbio fiorentino, scritto non so dove, ma tante volte ricordato: "L'arte non ha patria, ma gli artisti sì".
(Tratto da Habana Radio)