Presentazione della Repubblica di Cuba alla Corte internazionale di Giustizia in merito alla richiesta di un Parere Consultivo

Presentazione della Repubblica di Cuba alla Corte internazionale di Giustizia in merito alla richiesta di un Parere Consultivo sulle seguenti questioni:

  1. Quali sono le conseguenze legali che derivano della continua violazione da parte di Israele del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione, dei suoi prolungati atti di occupazione, insediamento e annessione del territorio palestinese occupato dal 1967, comprese le misure intese ad alterare la composizione demografica, il carattere e lo status della Città Santa di Gerusalemme, e l'adozione da parte di Israele di legislazione e misure discriminatorie correlate?
  2. In che modo le politiche e le pratiche di Israele menzionate al paragrafo 18 (a) influiscono sullo status giuridico dell'occupazione e quali sono le implicazioni giuridiche di tale status per tutti gli Stati e per le Nazioni Unite?

L'Aia, il 21 febbraio 2024

Signora Presidente,

Illustri membri della Corte,

Per me è un onore rivolgermi a voi a nome della Repubblica di Cuba.

Il 25 luglio 2023, la Repubblica di Cuba ha presentato le sue argomentazioni scritte nel Parere Consultivo sulle conseguenze giuridiche che derivano dalle politiche e pratiche di Israele nei territori occupati della Palestina.

La nostra delegazione compare a questa solenne udienza come espressione del genuino interesse e impegno di Cuba per la pace e sulla base della sua storica e incondizionata solidarietà con i popoli soggetti al colonialismo e alla dominazione straniera.

Il popolo palestinese, i suoi bambini, le sue donne e i suoi persone civile in generale, continuano ad essere massacrati dall'uso illegale della forza da parte di Israele, la potenza occupante.

Tutto questo avviene con la complicità di Paesi come gli Stati Uniti d'America, responsabili secondo il diritto internazionale di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e del regime di Apartheid che determina dove le persone possono vivere, lavorare e spostarsi secondo loro origine etnica e religiosa.

Onorevoli giudici,

Noi e voi abbiamo la grande responsabilità morale, storica e legale di pronunciarci in modo chiaro, trasparente e forte dell'ignominiosa situazione del popolo palestinese e di chiedere la responsabilità internazionale per quanto sta accadendo nei territori occupati.

Il contesto attuale evidenzia l'importanza delle questioni sollevate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, attraverso la risoluzione A/RES/77/247, il 30 dicembre 2022.

La presentazione della delegazione cubana è strutturata come segue:

Nella prima parte, tratteremo gli elementi giuridici essenziali che dovrebbero costituire la base per determinare la responsabilità internazionale della Potenza occupante e degli altri attori internazionali coinvolti.

Nella seconda parte, ci concentreremo sulle implicazioni e conseguenze giuridiche che dovrebbero essere richieste per tali atti o omissioni illeciti internazionali.

Infine, esporrò a nome della Repubblica di Cuba le nostre conclusioni sul presente procedimento.

PRIMA PARTE

Onorevoli giudici,

Le violazioni del divieto di minaccia o dall’uso della forza, dell'uguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli sono ampiamente documentate davanti alla comunità internazionale e alla Corte stessa.

L'occupazione israeliana dei territori palestinesi costituisce un atto illecito a livello internazionale, la cui ripetizione e durata aggrava la responsabilità della Potenza occupante di fronte al popolo palestinese e alla comunità internazionale.

Il divieto di acquisizione del territorio con la minaccia o l'uso della forza è una norma di diritto internazionale consuetudinario, con ampio riconoscimento normativo e giurisdizionale. Questo divieto si applica indipendentemente dal fatto che il territorio sia acquisito come risultato di un atto di aggressione o di legittima difesa.

La Carta delle Nazioni Unite, lo strumento giuridico internazionale alla base del Nuovo Ordine Internazionale e del diritto internazionale contemporaneo, è molto chiara su questo punto.

Questo trattato, parte integrante dello Statuto della Corte internazionale di giustizia, stabilisce all'articolo 2.4 che ogni Stato deve astenersi dalla minaccia o dall'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite.

La stessa Carta, all'articolo 1.2, riconosce come uno dei suoi scopi "il rispetto del principio dell'uguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli", che sono sistematicamente e palesemente negati al popolo palestinese. Queste violazioni del diritto internazionale consuetudinario generale hanno carattere erga omnes.

Per quanto riguarda la situazione particolare sottoposta alla Corte, si osservi che, a partire dalla risoluzione 242 (1967) del Consiglio di Sicurezza, è stato concordato il ritiro delle forze armate israeliane da tutti i territori occupati durante il conflitto di 1967, riconoscendo la linea armistiziale di 1949 (linea verde) come demarcazione dei confini tra Israele e Palestina.

L'occupazione dei territori palestinesi si qualifica anche come un atto illegale di annessione secondo le disposizioni delle risoluzioni 476 (1980), 478 (1980) e 497 (1981) del Consiglio di Sicurezza, che dichiarano che gli atti israeliani rivolti a l’annessione di  Gerusalemme Est e il Golan sono nulli e senza valore giuridico e non devono essere riconosciuti dagli Stati.

Questi sforzi spuri includono anche manovre per cambiare lo status internazionale della Città Santa di Gerusalemme.

Alcuni Stati non solo riconoscono e danno valore legale alle politiche e alle pratiche di Israele, ma agiscono con complicità e palese impunità, per impedire alla comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite, di fermare il genocidio in corso.

Ai sensi della Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai Paesi ed ai popoli coloniali, adottata dalla risoluzione 1514 (XV) dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il popolo palestinese ha il diritto inalienabile di determinare il proprio destino politico, economico e sociale.

Ciò corrisponde al riconoscimento dell'uguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli, norme perentorie approvate dalla Carta delle Nazioni Unite, dai Patti sui diritti umani e dalla Dichiarazione sui principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, approvata dalla risoluzione 2625 (XXV) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 24 ottobre 1970.

La presenza di insediamenti israeliani nei territori occupati, le modifiche forzate alla demografia del popolo palestinese attraverso l'occupazione delle terre e lo sfollamento forzato delle persone, la costruzione del muro di separazione, il controllo esercitato sulle loro risorse naturali e le restrizioni imposte alla loro mobilità, minano e negano la capacità dei palestinesi di esercitare il loro diritto all'autodeterminazione.

Israele viola anche la Risoluzione 242 (1967) del Consiglio di Sicurezza e gli Accordi di Oslo. Questi accordi stabiliscono che "nessuna delle parti inizierà o intraprenderà alcuna azione che possa alterare lo status della Cisgiordania e della Striscia di Gaza in attesa dell'esito dei negoziati sullo status permanente".

La distruzione e l'appropriazione di beni nei territori occupati, non giustificate da necessità militari e condotte su larga scala, illegalmente e arbitrariamente, costituiscono gravi violazioni della Quarta Convenzione di Ginevra relativa alla Protezione delle persone civili in tempo di guerra, del 12 agosto 1949, e quindi costituiscono un crimine di guerra.

La questione palestinese richiede un chiaro pronunciamento sulle conseguenze legali della non applicabilità e delle violazioni della Quarta Convenzione di Ginevra.

I blocchi terrestri, marittimi e aerei costituiscono punizioni collettive e sono violazioni estreme della libertà di movimento e del godimento dei diritti economici, sociali e culturali.

Le punizioni collettive sono espressamente vietate dal Diritto Umanitario internazionale e sono incompatibili con diverse disposizioni del diritto internazionale dei diritti umani.

Nella memoria della Repubblica di Cuba del 23 luglio 2023 alla Corte Internazionale di Giustizia, quanto sopra è debitamente argomentato e sottolinea in particolare le gravi violazioni della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 9 dicembre 1948.

Il genocidio contro il popolo palestinese non si limita all'attuale fase della guerra di sterminio condotta oggi da Israele. Tutto questo, con l'atteggiamento complice degli Stati Uniti d'America, che impediscono alla comunità internazionale di agire per proteggere il popolo palestinese. Le giustificazioni della lotta contro il terrorismo e il diritto all'autodifesa sono fallaci quando sono addotte dagli stessi aggressori.

Come è stato sostenuto nella nostra Memoria di luglio 2023 ed è ancora più evidente nell'attuale corso degli eventi, dal punto di vista delle implicazioni legali e delle loro conseguenze giuridiche, questi eventi non dovrebbero essere analizzati in modo frammentario. Essi fanno tutti parte di una politica statale pienamente articolata e pluridecennale rivolta contro il popolo palestinese.

Nel complesso, questa violenza istituzionalizzata, che non fa distinzione tra persone civili e combattenti, fa parte di una politica più ampia che comprende anche, in modo sistematico e organizzato: confische massicce di terre e proprietà, uccisioni illegali, esecuzioni extragiudiziali, torture, detenzioni amministrative, trasferimenti forzati, restrizioni di movimento e la negazione della nazionalità e della cittadinanza alla popolazione palestinese.

Esiste anche una politica economica e culturale discriminatoria destinata a impoverire la popolazione palestinese e a negare la realizzazione dei suoi diritti umani fondamentali.

La Corte Internazionale di Giustizia dovrebbe analizzare questa situazione e valutarla nel suo complesso, per determinare le conseguenze giuridiche che ne derivano. In questo senso, oltre una situazione di chiaro regime di apartheid, perseguito come crimine contro l'umanità, secondo la Repubblica di Cuba ci troviamo di fronte a un atto di genocidio svilupatto a bassa intensità, ma con crudele sistematicità ed efficacia. Classificare le azioni di Israele solo come atti di apartheid lascerebbe fuori l'intenzione implicita di sterminare il popolo palestinese, sia in parte che come gruppo etnico e religioso a cui è negato il diritto all'autodeterminazione.

Nel caso ci fossero dubbi sulle argomentazioni che Cuba ha presentato alla Corte qualche mese fa nella sua Memoria, la situazione attuale che si sta verificando sotto gli occhi di tutti conferma il genocidio in corso.

Le vittime innocenti, ragazze, ragazzi, donne, persone civili in generale, sono migliaia.

Per la Convenzione sul genocidio, è sufficiente che si tratti di una persona, e anche che l'atto rimanga un incitamento, un tentativo o una preparazione.

La Convenzione sul genocidio sanziona anche i complici e gli istigatori, quelli che pongono il veto su decisioni che impediscono alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite di agire. Coloro che si oppongono agli appelli per un cessate il fuoco immediato e all'arrivo urgente di aiuti umanitari. Le stesse persone che per anni hanno sostenuto ogni politica e pratica di Israele, la Potenza occupante, che nega l'esistenza del popolo palestinese e i suoi diritti. In larga misura, e per un lungo periodo di tempo, questa agenda è avanzata in modo inarrestabile.

Ci chiediamo allora se questa Corte debba aspettare il completo sterminio di una nazione prima di pronunciarsi. Siamo convinti che non, e questa era l'intenzione con cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha richiesto il presente Parere Consultivo.

La terribile situazione che vive oggi il popolo palestinese ci ricorda l'urgenza di un pronunciamento chiaro e coerente sulle questioni sottoposte alla Corte.

Israele, la Potenza occupante, i suoi alleati e gli effettivi collaboratori, devono affrontare le conseguenze legali della loro prolungata inosservanza del diritto internazionale vigente.

Conseguentemente, l'analisi della responsabilità internazionale di Israele deve andare all’unissono con le responsabilità delle Nazioni Unite e degli Stati membri che ostacolano la sua azione, generando con l'omissione prolungata e continuata un atto illecito a livello internazionale, che aggrava e approfondisce una chiara situazione di violazione del diritto internazionale nei Territori Palestinesi Occupati.

La Corte deve pronunciarsi in modo chiaro e unanime, stabilendo in modo imparziale e indipendente le conseguenze legali della privazione dei diritti fondamentali del popolo palestinese, tra cui il diritto alla vita, alla libertà e all'autodeterminazione.

SECONDA PARTE

Onorevoli giudici,

All'insieme delle violazioni internazionali sopramenzionate, va aggiunto l'atteggiamento indolente di Israele, la Potenza occupante, che ignora le varie risoluzioni e decisioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del Consiglio di Sicurezza e della Corte Internazionale di Giustizia.

A questo proposito, e senza essere esaustivo, un resoconto delle violazioni delle suddette disposizioni si trova nel nostro rapporto scritto alla Corte.

In linea con quanto sopra e con le altre argomentazioni pertinenti che altri Stati possono fornire, la principale conseguenza giuridica di queste violazioni del Diritto internazionale deve essere la dichiarazione di responsabilità giuridica internazionale della Potenza occupante, Israele, e dei suoi complici.

Tutto ciò, sulla base dell'insieme di norme primarie convenzionali e consuetudinarie del diritto internazionale violate da Israele.

Inoltre, le suddette responsabilità e conseguenze legali devono essere stabilite per Israele e i suoi complici, in conformità con le norme secondarie sulla Responsabilità dello Stato per atti internazionalmente illeciti contenute nel progetto di articoli della Commissione di diritto internazionale (CDI), come risulta dal documento A/56/10, Rapporto della Commissione di diritto internazionale sui lavori della sua 53° sessione, dal 23 aprile al 1° giugno e dal 2 luglio al 10 agosto 2001.

Sarebbe opportuno che la Corte stabilisse nel suo Parere Consultivo che la responsabilità internazionale di Israele, in quanto Potenza occupante, copre tutti gli atti e le omissioni dei suoi organi statali (legislativi, esecutivi e giudiziari) contrari al diritto internazionale e quelli compiuti da persone o entità che esercitano attribuzioni di autorità pubblica, che agiscono in assenza di autorità ufficiale o sotto la direzione o il controllo della Potenza occupante.

Queste norme secondarie di responsabilità per gli atti illeciti internazionali riflettono chiaramente le linee guida che regolano le conseguenze giuridiche dell'atto illecito internazionale.

Ciò motiverebbe un forte pronunciamento della Corte che indichi l'obbligo immediato di tutti gli Stati, particolarmente la Potenza occupante, di rispettare le norme convenzionali e consuetudinarie palesemente e sistematicamente violate nei Territori palestinesi, compresi gli obblighi di cessazione e non ripetizione e di riparazione per i danni causati al popolo palestinese di cui, rispettivamente, agli articoli 29, 30 e 31 del Progetto di articoli della Commissione di diritto internazionale del 2001 sulla Responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti. Tutto quanto sopra non intacca le disposizioni applicabili del diritto dei trattati.

In aggiunta, la Corte internazionale di giustizia dovrebbe trattare separatamente la responsabilità internazionale degli altri Stati per l'aiuto e l'assistenza fornita a Israele.

La Corte dovrebbe pronunciarsi sulle conseguenze legali per gli Stati che forniscono, ad esempio, armamenti a Israele.

È un fatto indiscutibile che alcuni membri dell'Organizzazione violano i principi contenuti nell'articolo 2 della Carta, non solo negando l'uguaglianza e i diritti sovrani dello Stato di Palestina, ma anche agendo in malafede in modo tale da allontanare ogni possibilità di soluzione negoziale del conflitto, che lungi dall'essere risolto si è aggravato negli ultimi 70 anni.

In tutti questi anni, gli Stati Uniti d'America hanno sistematicamente e costantemente abusato del loro veto per impedire qualsiasi azione efficace da parte del Consiglio di Sicurezza e per garantire l'impunità alla Potenza occupante, Israele, nonostante i pronunciamenti dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La Corte dovrebbe sottolineare la portata della disposizione dell'articolo 2.5 della Carta delle Nazioni Unite, che stabilisce che gli Stati membri "devono astenersi dal dare assistenza a qualsiasi Stato contro il quale l'Organizzazione intraprendono un'azione preventiva o coercitiva".

Ciò implica l'obbligo di tutti gli Stati di rispettare le decisioni dell'Organizzazione nel suo complesso, soprattutto quando il Consiglio di Sicurezza rimane immobilizzato dall'atteggiamento indolente di uno dei suoi membri permanenti, gli Stati Uniti d'America, e l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è pronunciata in modo categorico e sostenuto sulla questione, sostenuta dalla Corte.

CONCLUSIONI

Onorevoli giudici,

Alla luce di quanto precede e, particolarmente, tenendo conto dell'insostenibile situazione del popolo palestinese, l'Onorevole Corte Internazionale di Giustizia dovrebbe pronunciarsi nei termini giuridici più chiari, convincente ed energici, in difesa del Diritto Internazionale.

Il Parere Consultivo dovrebbe stabilire le conseguenze legali per Israele, gli altri Stati e le Nazioni Unite, per le violazioni delle norme sul divieto di minaccia o l’uso della forza, sull'uguaglianza dei diritti e sull'autodeterminazione dei popoli; nonché i principali strumenti internazionali sui diritti umani, la Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 relativa alla Protezione delle persone civili in tempo di guerra, la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 9 dicembre 1948 e la prolungata inosservanza delle decisioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del Consiglio di Sicurezza e della stessa Corte Internazionale di Giustizia.

Una menzione speciale va fatta alle questioni relative al carattere e allo status della Città Santa di Gerusalemme, alla luce della continua violazione da parte di Israele e della deplorevole inazione delle Nazioni Unite, risultato diretto dell'esercizio abusivo e irresponsabile del privilegio di veto nel Consiglio di Sicurezza.

La Corte dovrebbe ragionare sulle conseguenze giuridiche di queste azioni o omissioni. A nostro avviso, una volta che la Corte ha dichiarato l'esistenza di una situazione di violazione del Diritto internazionale, ad esempio la commissione di un crimine di genocidio, di guerra o di crimini contro l'umanità, dovrebbero esserci chiare implicazioni legali per tutti gli Stati che agiscono in modo da ignorare o minare tale decisione o opinione della Corte.

Le azioni o le omissioni che sostengono le violazioni del Diritto Internazionale generale dovrebbero essere considerate incompatibili con l'esercizio di qualsiasi privilegio internazionale.

Onorevoli giudici, spetta all'onorevole Corte Internazionale di Giustizia, senza doppi standard politici, fornire la pace e la giustizia che il popolo palestinese merita.

Per questo motivo, la delegazione della Repubblica di Cuba chiede rispettosamente la pronta emissione di un Parere Consultivo che si opponga a tanti anni di impunità e stabilisca chiaramente le conseguenze e le responsabilità internazionali di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, contribuiscono allo sterminio del popolo palestinese.

La comunità internazionale necessita di un pronunciamento che chiarisca ai responsabili che oggi potranno usare la forza contro persone civili innocenti, ma questa che non sarà sufficiente per sfuggire alla giustizia.

Grazie mille.

(Cubaminrex)

 

Etiquetas
Categoría
Multilaterales
RSS Minrex